Le recenti evoluzioni sulle errate compensazioni fiscali: un’analisi delle novità normative
Negli ultimi tempi, si sono verificate diverse modifiche riguardanti la compensazione impropria di crediti d’imposta non dovuti e inesistenti. Questi cambiamenti, talvolta contraddittori tra loro, hanno suscitato considerevole interesse soprattutto durante i controlli fiscali, sollevando l’importanza di un’attenta valutazione della situazione attuale.
Distinzione tra inesistente e non spettante
Il concetto di crediti inesistenti e non spettanti assume un ruolo cruciale per quanto concerne le sanzioni (sia tributarie che penali) e i relativi termini di prescrizione. In pratica, il Decreto Legislativo n. 158 del 2015 ha modificato l’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 471 del 1997. Tra le varie disposizioni, viene definito inesistente il credito nel caso in cui manchi, totalmente o parzialmente, il presupposto di base e la cui assenza non sia verificabile tramite controlli automatici e formali.
Con tale decreto, il legislatore ha anche differenziato le sanzioni penali per superamenti di compensazioni sopra i 50.000 euro: da sei mesi a due anni di reclusione per compensazioni di crediti non spettanti, da diciotto mesi a sei anni per quelle di crediti inesistenti. Nonostante questa distinzione, si è registrata una diversificazione di opinioni giurisprudenziali, una situazione che sembra essere stata risolta (si spera) grazie agli ultimi interventi delle Sezioni Unite (sentenze n. 34419 e 34452, depositate l’11 dicembre 2023, riportate sul Sole 24 Ore del 12 dicembre 2023).
Secondo il parere delle Sezioni Unite, si può parlare di crediti inesistenti quando coesistono simultaneamente due condizioni:
- Il credito, total o parzialmente, è frutto di un’artificiosa rappresentazione, manca dei requisiti stabiliti dalla legge o, pur essendo sorto, è già stato estinto al momento del suo utilizzo;
- L’inesistenza non è verificabile tramite i controlli previsti dagli articoli 36 bis e 36 ter del Dpr 600/1973 e 54 bis del Dpr 633/1972.
Di conseguenza, se l’inesistenza può essere rilevata tramite un controllo formale o automatico, ci troviamo sempre di fronte a un credito non spettante, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di prescrizione dell’accertamento e sanzioni.
La riforma in corso
In attesa della decisione definitiva delle Sezioni Unite, la bozza di decreto delegato (non ancora approvata) per attuare la riforma fiscale ha, al contrario, equiparato senza distinzione le due tipologie di errata compensazione (con prescrizione entro 8 anni e possibilità di ammettere con una riduzione a un terzo delle sanzioni). Questo fatto risulta notevole in quanto il principio guida della delega era orientato verso una “più netta distinzione” tra crediti inesistenti e non spettanti, aspetto finora trascurato.
È importante sottolineare che si tratta ancora di una bozza suscettibile di modifiche. Ad ogni modo, questa parificazione riguarderà il futuro e pertanto, per gli atti già notificati, rimarranno in vigore i principi affermati dalle Sezioni Unite.